Bagolaro

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Bagolari, via Castello (04-2015)

I bambini non sanno chi sia, Furia. Non sanno che beveva solo caffè per mantenere il suo pelo il più nero che c’è. Perciò quando nel loro caos ordinato passano sotto i bagolari di via Castello e vedono Zelda con il suo manto colore della notte senza luna e le orecchie basse che aspira bagole nere manco fosse un folletto di ultima generazione, non scappa loro un sorrisino sotto i baffi che non hanno, non viene loro in mente il ritornello della canzone di Mal. La loro giornata segue normale come tutte le altre. La loro, non quella del volontario che quella canzone l’ha ascoltata e riascoltata quando era un robino di un metro e qualcosa, alto come quei bambini che oggi accompagna a scuola sperando che riescano a essere felici senza devastare il pianeta come ha fatto lui e la sua generazione.

C’è chi sostiene che una tale felicità responsabile possa passare soltanto attraverso la frugalità. Un piccolo esercizio in tal senso è staccare una bagola dal ramo e fare come Zelda, mangiarla al posto di una caramella e scoprire che è buona, e non fa male.

Di occasioni per farlo, a Rodengo Saiano, ce ne sono a bizzeffe visto che il bagolaro è uno degli alberi più diffusi nei parchi e nelle alberature stradali. Ed è noto che quando una cosa è comune non le riconosciamo valore, senza pensare che è proprio per il suo valore che è diventata comune.
E’ questo il destino della romiglia. Ne siamo circondati e, abituati alla sua presenza, spesso manchiamo di apprezzare le qualità che invece noteremmo se non fosse così diffusa.
Un po’ come succede con i cedri, alberi magnifici e possenti ma inflazionati al punto che la maggior parte delle persone ne ignora il nome e li chiama “pini”; così comuni che chi dovrebbe proteggerli si permette di maltrattarli con potature dannose e prive di senso.

Il bagolaro viene dal sud ma si è ambientato al punto che i vecchi lo riconoscono come un albero del territorio. “Australis” in questo caso non si riferisce propriamente alla metà di mondo al di là dell’equatore; lo svedese Linneo che gli diede il nome intendeva semplicemente “meridionale”.
La sua rusticità ne fa una delle essenze preferite dagli urbanisti quando vogliono andare sul sicuro: vuoi una buona probabilità di successo nel piantare un nuovo filare? Il bagolaro è l’albero che fa per te. Per i primi anni va tutto liscio, poi c’è il rischio che la pianta si manifesti con uno dei suoi nomi comuni, “spaccasassi”, e che le radici trasformino il manto stradale in piccole montagne russe.

Un altro nome popolare del bagolaro è “arcidiavolo”, riferendosi alla credenza che Lucifero abbia trascinato con sé proprio un albero di questa specie nel tentativo di restare aggrappato al Cielo. Credenza che sembra il contrario dell’uso che per lungo tempo si è fatto dei suoi semi, infilati per costruire rosari. A ricordarci che il bene e il male sono due facce della stessa medaglia.

Il libro sui patriarchi arborei scritto nel 2015 dai ragazzi delle quinte con Antonio De Matola, descrive un esemplare di 340 centimetri di circonferenza che cresce all’interno del parco privato di Villa Maria. Fino a prova contraria spetta a lui il primato del paese.

Il bagolaro più grande che mi è capitato a portata di scatto è al confine con Paderno, in via Case nuove. Non è altissimo, perché deve essere stato potato con una certa frequenza, ma il suo tronco misura oltre 3 metri di circonferenza. Cresce vicino alla carreggiata e i camion che passano gli hanno dato una forma geometrica piuttosto singolare. Un po’ più a est, dall’altra parte della strada un filare di romiglie meno maestose:

Sempre al confine con Paderno, dove finisce lo sterrato che unisce la stazione con via Marrocco a Rodengo, sotto il traliccio dell’elettrodotto cresce un gruppo di romiglie di dimensioni notevoli che separa i campi di mais dal vigneto:

La galleria vivente che porta alla Cascina Benedetta merita una visita nonostante gli alberi abbiano poco più di venti anni. In estate la copertura regala qualche grado di temperatura in meno, e in inverno i rami creano un intreccio affascinante:

Una formazione molto armonica si può ammirare nel parco di via Marconi. I bagolari crescono in due gruppi di tre esemplari e ogni gruppo forma un’unica grande chioma impenetrabile dal sole estivo. In inverno, invece, si nota chiaramente come la presenza di ogni albero influenzi la crescita degli altri:

In via Italia:

Bagolari non più giovanissimi crescono nel parchetto di via San Francesco, dove la prossimità con le abitazioni fa sì che vengano potati di continuo:

Nella macchia in via Brescia, subito prima dell’Abbazia venendo da sud, delle belle romiglie sono circondate da tigli, gelsi, olmi, robinie, aceri negundo:

All’ingresso del Calvario, un giovanissimo filare cresce con spirito di emulazione verso le querce che popolano il pendio. Loro sono piantati in piano e quindi non avrebbero bisogno di inchinarsi, ma evidentemente quel posto invita ad assumere quella posizione. E’ già tanto che i cipressi crescano diritti:

Nel parco delle Moie:

In via Colombaia:

Un esemplare isolato in via Ponte cingoli:

Dietro la chiesa di Padergnone, in via Montello:

Nel parcheggio dell’Outlet:

Poi bagolari potete vederne dove volete. Per esempio nei parcheggi delle scuole, dell’oratorio di Padergnone, nei parchetti di via Vivaldi, viale Europa, in via Colombaia, in via Moie dopo il cavalcavia, nel nuovo parco dell’Outlet,  nella zona industriale dopo il cavalcavia di via Leopardi, in via Parmesana.

Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Urticales
Famiglia: Ulmaceae
Genere: Celtis
Specie: Celtis australis