Noce

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Noce, via Colombaia (2015)

Forse non è un caso che il noce più bello del paese (mi correggo: quello che mi piace di più fra quelli che ho visto) cresca nel posto più infelice. Seminascosto a lato del sottopasso di via Colombaia, in quella fascia di terreno troppo addossato alla sp 19 per farci qualsiasi cosa e comodo tutto sommato per nascondere un pezzo di strada alla vista delle case vicine. Lì, probabilmente, quel noce anno dopo anno non ha dato fastidio a nessuno, non ha incrociato i progetti di alcuno spirito intraprendente, ed è cresciuto.

Difficile pensare un albero più domestico del noce, coltivato dall’uomo da tempi remotissimi per le sue numerose qualità.
Il legno è fra i più pregiati per la costruzione di mobili. Dalla corteccia e dai frutti si ricavano coloranti e inchiostri. Il seme è molto energetico e ricco di sostanze dalla proprietà benefiche, come l’olio usato anche per la produzione dei colori per la pittura. Con i frutti raccolti a San Giovanni si prepara il nocino.
In medicina è stato usato come tonificante, come rimedio per la debolezza di stomaco, per la tosse e l’asma, per il mal di denti. Paracelso, che fra le altre cose riscoprì la medicina simpatica, osservò che la forma della noce somiglia chiaramente al cervello all’interno del cranio, e sperimentò il suo utilizzo per curare i disturbi mentali. La cosa obbiettivamente ha del bizzarro, ma bisogna dire che gli studi recenti riconoscono ai grassi contenuti nel seme della noce proprietà benefiche per il funzionamento del nostro cervello. A volte dovremmo essere meno duri nel giudicare gli sforzi di conoscenza del passato e meno entusiasti nel ritenere definitive e infallibili le conquiste della scienza moderna.
In America il noce arrivò nel diciottesimo secolo ma ebbe una diffusione formidabile al punto che oggi la metà delle noci prodotte nel mondo vengono dagli Stati Uniti (soprattutto dalla California).

Vista la lunga frequentazione fra il noce e l’uomo, è normale che quest’albero sia stato in ogni epoca protagonista di credenze e miti anche di segno opposto.
Al tempo dei romani era un frutto propiziatorio e negli sposalizi si gettavano noci ai bambini.
Fino a non molti anni fa alla nascita di un figlio si piantava un noce, che sarebbe poi stato fonte di ricchezza dopo una ventina di anni, quando il figlio avrebbe avuto l’età per mettere su famiglia.
Era però anche l’albero votato alle divinità infernali. Le streghe si riunivano sotto il noce per i sabba (celebre in questo senso è il noce di Benevento).
Si riteneva che addormentarsi sotto le sue fronde fosse pericoloso e procurasse quanto meno un forte mal di testa. Quest’ultima credenza ha trovato conferma dalla chimica quando si è scoperto che le foglie e le radici emettono la juglandina, una sostanza tossica che inibisce la germinazione di altri semi (motivo per cui spesso il noce cresce solitario) e che può procurare fastidi anche all’uomo.
La mitologia greca ci consegna la storia di Carya che era votata ad Apollo e in suo nome esercitava l’arte della profezia. Dioniso però si innamorò di lei, e quando le sorelle tentarono di contrastare l’unione fra i due, il dio non la prese bene e trasformò la fanciulla in un albero di noce e le sue sorelle in rocce. Secondo un’interpretazione, in verità non la più accreditata, le cariatidi che fungono da colonne nella necropoli di Atene raffigurerebbero proprio la sfortunata ragazza.

Detto tutto ciò, si direbbe che il noce è un albero “nostrano”. E invece la cosa non è così scontata. Viene dall’Asia occidentale e in Italia non ha mai trovato spazio come specie spontanea. Situazione che potrebbe mutare se proseguirà la tendenza del riscaldamento globale che porterà a sostituire i boschi di conifere con latifoglie, in una condizione ecologica (già in parte verificata) nella quale anche il noce potrebbe giocare un ruolo come ha fatto in altre zone d’Europa.

Oltre all’esemplare descritto sopra, a Rodengo Saiano esemplari di noce sono abbastanza frequenti, per esempio:

In via Delma, un noceto di oltre un ettaro chiuso fra le mura:

In via Sandro Pertini, due begli esemplari isolati di fronte al frutteto Titoldini. Dalle immagini di Google si vede che nel 2011 gli alberi su quel terreno erano più numerosi:

In via Provinciale, sulla rampa di ingresso alla tangenziale in direzione Brescia:

In via del Commercio, una macchia sul terrapieno che da sul parcheggio dell’Outlet:

In via Industriale, davanti ai capannoni:

In via Paradello, un filare di una ventina di giovani noci:

In via Biline, in testa a un filare di vite:

In via Casa san Giuseppe, sulla strada e più avanti ai piedi della collina:

In via Ponte nuovo:

Sulla scarpata che da sul parchetto di via Castegnato:

Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Juglandales
Famiglia: Juglandaceae
Genere: Juglans
Specie: Juglans regia