Olivo

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Olivo, via Paderno (07-2016)

Scaffale del supermercato: olio extra vergine di oliva a meno di 3 euro al litro. Dietro c’è una storia millenaria.

Prima c’era solo l’oleastro. Le drupe avevano poca polpa e l’olio era usato per scopi medici e religiosi. Non è un caso che la colomba annunci la fine del diluvio con un ramoscello di olivo nel becco. E che l’olivo sia uno dei doni di Atena al genere umano.

Ulisse costruì la sua casa intorno a un ulivo così grande da contenere il talamo nuziale. Penelope sciolse il dubbio di avere davanti un imbroglione, chiedendo che spostassero il letto per far riposare lo sconosciuto che pretendeva di essere il suo sposo redivivo. Il letto era radicato al suolo e solo Odisseo, che l’aveva costruito, poteva saperlo.

Quando l’uomo dominò la tecnica dell’innesto, cominciò ad addomesticarlo. Gli oleastri continuavano a crescere spontaneamente, ma i rami degli esemplari con i frutti più generosi venivano innestati sugli alberi più vicini ai villaggi.

In epoca romana l’olivo era già coltivato da tempo. Gli alberi erano piantati a una distanza di 18 metri uno dall’altro. Non è che i romani fossero pazzi, checché ne dicesse Asterix; l’esperienza aveva insegnato loro che gli ulivi piantati a una minore distanza crescevano peggio e fornivano una minore quantità di olio.
Roma consumava molto più olio di quanto non ne ricavasse dalle sue campagne. Il Testaccio è un quartiere che si sviluppa intorno a una piccola collina, costituita quasi interamente dalle anfore usa e getta con le quali si importava l’olio dalle provincie dell’impero.

Ancora nel primo dopoguerra gli olivi in Puglia si piantavano a 12 metri di distanza. Poi, con la diffusione dei concimi di sintesi e dei fitofarmaci, i nuovi impianti videro gli olivi avvicinarsi sempre di più.

Gli impianti più moderni prevedono filari simili ai vigneti. Piante posizionate a un metro e mezzo di distanza. In un ettaro ce ne stanno fino a 2000 invece delle 80 del paesaggio pugliese, o delle 400 dei recenti impianti intensivi. La raccolta è completamente meccanizzata e i tempi, e di conseguenza i costi di esercizio, si abbattono drasticamente, a fronte di un investimento iniziale molto maggiore. Questa tecnica, chiamata “superintensiva”, è possibile con tre sole cultivar (due spagnole e una greca), invece della straordinaria varietà sviluppatasi nei diversi territori nel corso dei millenni. Questi filari producono per 20 anni, poi devono essere espiantati e sostituiti con nuove piante. L’olio spagnolo e nordafricano in buona parte è già fatto così. In Puglia non sono pochi i contadini che già si strofinano le mani sognando di raddoppiare le rese, quando i loro alberi vecchi e lenti non saranno più protetti come bene paesaggistico e culturale (c’è una legge regionale, oggi, che vieta l’espianto di olivi secolari se non al verificarsi di specifiche condizioni).

Mentre le tecniche colturali tendono ad aumentare la produzione avvicinando gli alberi, i vecchi e nobili esemplari diventano dei simboli, e finiscono nelle villette di chi l’olio probabilmente può comprarlo anche a più di 3 euro per bottiglia: nell’era della velocità non puoi certo aspettare secoli per esibire un patriarca in giardino. Ruspa, radici mozzate, mille chilometri su un camion: l’amore per la natura del terzo millennio è servito. Anche nelle rotonde, dove olivi più o meno antichi non muoiono, perché l’olivo è molto tenace, ma neanche vivono come potrebbero; realizzando il sogno degli urbanisti pigri, un albero che fa figo e che non ha il brutto vizio di crescere.

La distanza degli ulivi decresce: 18, 15, 12, 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4… Somiglia tanto a un conto alla rovescia. Forse, contando l’ultimo numero, scopriremo che l’incomprensibile gabbia di metallo che circonda il povero ulivo nella rotonda di via Labirinto a Brescia, è in realtà una rampa di lancio che salverà l’ultimo esemplare mandandolo lontano, molto lontano da noi.

olivovialabirinto

 


Il parco del Frantoio si chiama così perché la ristrutturazione della cascina, nei primi anni del 2000, ha destinato parte della struttura proprio alla molitura delle olive. Buona parte del parco, coerentemente con questa scelta, è stata piantata con diverse cultivar di olivo. L’assonanza con il più significativo monumento del paese, l’Abbazia Olivetana, farebbe spontaneamente pensare alla riproposizione di una antica vocazione del territorio. Ma sbaglieremmo. “Olivetana” si riferisce infatti al nome della congregazione monastica che vi si insediò nel 1446 e che a sua volta prende il nome dal Monte Oliveto, vicino Siena, dove si riunì la prima comunità. Nulla a che vedere con le olive, insomma.

Dietro la nuova chiesa di Padergnone:

Nel cortile dell’oratorio di Padergnone:

In via San Rocco, sul fianco della chiesa di Saiano:

Nelle rotonde di via Brescia:

In via Brescia, davanti la sede degli Alpini:

In via Italia, e in via Paderno, “dove all’ulivo si abbraccia la vite”:

In via Paderno:

Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Lamiales
Famiglia: Oleaceae
Genere: Olea
Specie: Olea europaea